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Rappresentazione visiva dell'articolo: Le obbligazioni e il rischio di cambio

Autore: Salvatore Spinosa

Data di pubblicazione: 05 agosto 2022

Le obbligazioni e il rischio di cambio

Come riuscire a scegliere un’obbligazione nel marasma generale che stiamo affrontando in questo periodo di inflazione e tassi in rialzo?


A dire il vero, per toglierci dall’imbarazzo potremmo delegare tutto ad un bravo gestore, ma se volessimo fare in autonomia o voler scegliere un ETF obbligazionario o un singolo titolo che possa sposarsi bene con gli altri strumenti in portafoglio in funzione dei nostri obiettivi, del tempo e del profilo di rischio, meglio conoscere bene le caratteristiche principali delle obbligazioni.

Dopo aver definito cos’è un’obbligazione ed aver imparato cosa vuol dire rischio emittente, analizziamo il secondo dei principali rischi che la sottoscrizione di un titolo obbligazionario si porta dietro: il rischio di cambio.


Dietro al rendimento di un’obbligazione possono nascondersi diverse “trappole” e come un provetto Indiana Jones è bene imparare a riconoscerle per evitare di finire idealmente spiaccicati sotto un masso o infilzati da un palo appuntito.


Utilizzo immagini forti proprio per far comprendere che non scherzo affatto quando dico che mai e poi mai deve essere solo il rendimento a guidare le scelte di investimento, men che meno quando si sceglie la parte obbligazionaria.

Ogni obbligazione viene emessa in una certa valuta: Euro, Dollaro, Yen, Renminbi e decine di altre valute possono caratterizzare e determinare una parte sostanziale del rendimento di un titolo e la sua variabilità.


Facciamo un esempio semplice:

prendiamo un BTP italiano a 10 anni che in questa fase storica, luglio 2022, rende poco più del 3% all’anno. L’omologo titolo statunitense il Treasury a 10 anni, offre una cedola di poco sotto il 3% mentre il Bund tedesco, sempre a 10 anni, ha un rendimento poco sopra 1,10%.

Se dovessi affidarmi solo al rendimento dovrei scegliere per primo il titolo italiano e subito dopo quello USA, relegando il bund al ruolo di mero comprimario.

Ora, se è chiaro, alla luce del rischio emittente e del rating che abbiamo imparato a conoscere nel precedente articolo, del perché il tolto italiano renda più del tedesco (rating Italia BBB- rating Germania AAA, Italia più rischiosa e dunque rende di più!), è meno chiaro perché, a parità di rating ed affidabilità, Germania ed USA (entrambi AAA) diano rendimenti così diversi.

Ad ottobre dello scorso anno, quando ho registrato i miei video educational in occasione del mese dell’educazione finanziaria, il cambio euro/dollaro era circa 1,12 mentre adesso ce lo ritroviamo sostanzialmente in parità.

Allora un titolo a 10 anni tedesco dava un rendimento negativo mentre un titolo USA viaggia intorno all’1,60% annuo. 


La scelta tra i due sembrava semplice: meglio il Treasury USA, e con il senno di poi sarebbe stata una scelta perfetta: non solo ha reso di più, ma ha anche consentito di guadagnare sul cambio perché il dollaro si è apprezzato rispetto all’euro passando dall’1,12 (servivano 1,12 dollari per comprare un euro) ad 1 (un dollaro per un euro di oggi). 

Chi ha acquistato un titolo USA ad ottobre dello scorso anno, al netto del rischio di tasso che vedremo nel prossimo video/articolo, ha ottenuto un doppio vantaggio: un tasso più alto ed un guadagno sulla valuta, questo secondo superiore al 10% in 7 mesi.


E’ sempre così facile e redditizio?


In realtà sarebbe potuto accadere esattamente l’opposto, con il cambio che partendo da 1,12 sarebbe potuto passare a 1,20: a quel punto sarebbero serviti 1,2 dollari per comprare 1 euro comportando una perdita del valore dell’obbligazione di poco meno dell’8% che avrebbe annullato il guadagno del tasso di 1,6% ed addirittura portato ad una perdita consistente, sempre al netto delle oscillazioni legate ai tassi che sono un’altra storia (e non ne parliamo adesso per non mettere troppa carne al fuoco).

In estrema sintesi: il cambio di un’obbligazione emessa in valuta estera è difficilmente prevedibile. A volte è come lanciare una moneta scommettendo su quale faccia potrà farci vincere o perdere. Per questo la scelta se esporsi o meno al cambio va sempre ponderata con attenzione.

Ci sono strumenti che consentono di coprire il cambio con un meccanismo di hedging, ossia proprio di copertura, che rappresenta una specie di polizza assicurativa con un premio più o meno caro da pagare a seconda del differenziale dei tassi di interesse tra le due valute.

È un discorso più complesso nel quale non possiamo addentrarci in questa sede. Ciò che conta sapere è che c’è sempre un modo per coprirsi dai rischi, accettandone un costo che sia congruo e che permetta di ottenere il giusto rendimento.


Grazie per l’attenzione ed alla prossima puntata!

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