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Rappresentazione visiva dell'articolo: Dobbiamo avere paura dell'inflazione?

Autore: Salvatore Spinosa

Data di pubblicazione: 09 luglio 2021

Dobbiamo avere paura dell'inflazione?

In questi giorni si parla tanto di Inflazione e del pericolo che questa può rappresentare per l’economia e la finanza.

L’inflazione, infatti, è l’incremento dei prezzi dei beni che compriamo e consumiamo ogni giorno, dalla pasta al pane, dai vestiti agli smartphone ed impatta direttamente sulle nostre attività finanziarie, oltre che pesare sulle nostre tasche.

La domanda chiave è: dobbiamo avere paura dell’inflazione?

La risposta è: dipende!

Ci sono due tipi di inflazione che potremmo chiamare: “inflazione buona” ed “inflazione cattiva”, come egregiamente riportato dal Prof. Fabrizio Crespi in un articolo del marzo di quest'anno sulla rivista conTEmplata.

Un’inflazione buona è un’inflazione moderata, che porta vantaggio a tutti, ed è quella che produce un piccolo aumento dei prezzi che potremmo definire “sotto controllo”. Per dare una misura in percentuale, il riferimento ideale come obiettivo di inflazione che tiene la BCE (Banca Centrale Europea) è il 2%.

Per fare un esempio di inflazione buona, immaginiamo di essere titolari di un’azienda che produce vestiti e di aver acquistato dei tessuti, delle stoffe che useremo come materie prime per confezionare gli abiti che venderemo ai nostri clienti. Se abbiamo acquistato 1000 metri di stoffa a 10 euro al metro, avremo sostenuto un costo totale di 10.000 euro.

Mettiamo che il processo di produzione, dalla prima cucitura alla commercializzazione nei negozi, duri 6 mesi e che l’azienda sostenga altri € 10.000,00 di costi tra manodopera, energia elettrica, marketing ed altro, per un totale di € 20.000,00 di costi complessivi.

Alla fine, tutto incluso, i vestiti confezionati a prezzi di oggi si vendono € 30,00 ciascuno, per un totale di € 30.000 euro di incasso totale e con un guadagno di € 10.000,00 euro per l’azienda.

Se nel frattempo i prezzi degli abiti, grazie ad un’inflazione moderata, salgono del 2%, l’azienda potrà vendere gli stessi abiti a 30,60 euro, incassando € 30.600,00 (600,00 euro è il 2% su € 30.000,00), guadagnando di più proprio per effetto dell’inflazione.

Chi produce gli abiti avrà così un vantaggio economico, perché avrà pagato le materie prime ad un prezzo più basso e potrà rivendere i prodotti finiti con un piccolo guadagno in più che farà bene al suo conto economico, pesando poco sulle tasche del consumatore finale.

Quel guadagno in più potrà essere utilizzato per ridurre i debiti, rendere l’azienda più solida e per aumentare gli stipendi ai dipendenti, pagando più tasse allo stato e garantendo i pagamenti ai fornitori; insomma un circuito virtuoso che porta vantaggio a tutti gli attori del processo.

Bene! Allora viva l’inflazione!!! Anzi meglio il 10% del 2%!

Se troppo consistente e rapida però l’inflazione rischia di diventare “cattiva”, perché un incremento dei prezzi eccessivo “distrugge potere di acquisto”, ossia fa crescere i prezzi così tanto da rendere più povere le nostre tasche (gli stipendi non hanno il tempo di crescere di pari passo), rendendo inaccessibili quegli abiti ormai cari per le nostre possibilità; se questo avviene troppo rapidamente, alla fine porta uno svantaggio a chi vende i vestiti, con il calo delle vendite e del fatturato che innesca una spirale negativa rendendo l’azienda meno solida e portando minore utilità al sistema economico: meno tasse, più licenziamenti e meno ricchezza reale, ossia quella al netto dell’inflazione.

In sintesi: un’inflazione buona è di piccola entità e sotto controllo; quella cattiva è rapida e consistente.

Quale tipo di inflazione ci aspetterà nei prossimi mesi?

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